Il tema del giorno: W LE CICALE!

Vi ricordate la favola di Esopo, quella della formica e della cicala?

Lasciate che vi rinfreschi la memoria.


La cicala e la formica

<<In una giornata d’inverno le formiche stavano facendo asciugare il loro grano che s’era bagnato.

Una cicala affamata venne a chiedere loro un po’ di cibo.

Le risposero le formiche:

Perché durante l’estate non hai raccolto anche tu provviste?”

“Non ne avevo il tempo” rispose la cicala “dovevo cantare melodiosamente”.

Quelle allora le risero in faccia:

“Ebbene” le dissero “se d’estate hai cantato, adesso che è inverno balla!”

La favola mostra che in qualsiasi voglia situazione chi vuole evitare pene e rischi non deve essere negligente.>>


Per tutta la vita sono stata terrorizzata e traumatizzata da questo racconto.

In famiglia non erano così sadici da ripetermelo giornalmente ma il succo degli insegnamenti era sempre lo stesso.

Un giorno arriverà il freddo inverno e tu dovrai essere in grado di sopravvivere! E nessuno ti aiuterà!

Non esser cicala, no! Devi esser formica!

Devi passare la tua intera esistenza non a far ciò che vuoi ma ciò che devi.

Non a cantare melodiosamente bensì a metter da parte provviste per l’inverno.

E se hai qualche strana aspirazione, che so io, quella ad esempio di girare il mondo, scoprire nuove culture, surfare in tutti gli oceani o scrivere almeno una decina di romanzi non ti dico che non potrai farlo. Potrai farlo, certo, ma DOPO.

Dopo. Ritornava questa parola in quei discorsi. Dopo. Veniva anche accompagnata da un ipnotico movimento della mano a rotazione, a indicare un tempo infinito nel quale tutto sarebbe andato al proprio posto.

E con una carriera scintillante a settant’anni sicuramente sarei riuscita a ritagliarmi il tempo per portare a termine i miei sogni oppure, come si auguravano neanche troppo segretamente, avrei abbandonato queste idee da fanciullesca sognatrice e mi sarei accontentata di essere felice della vita che avrei avuto.

Sicuramente sposata.

Sicuramente con una squadra di calcio di bocche ululanti da sfamare.

Sicuramente con un lavoro che mi avrebbe permesso, si e no, e comunque sempre attaccata al pc, di dedicarmi un paio di settimane l’anno di svago. Su undici mesi e mezzo orribili.

Il piano perfetto per la distruzione di qualsiasi cellula di autenticità che mi ha accompagnato fino a oggi, età nella quale ho compreso che il tassello mancante a questo machiavellico progetto era proprio il più importante: io.


Ma non voglio parlare di me.

Voglio parlare delle formiche. Quelle piccole, laboriose, formichine. Che stanno lì, giorno dopo giorno, goccia di sudore dopo goccia di sudore, a metter da parte provviste per l’inverno, senza neanche chiedersi se ciò che stanno facendo abbia o meno un senso.

Sacrificio, sacrificio, sacrificio, dolore, dolore, dolore.

Insomma. Per non incappare in “pene e rischi”, le formichine laboriose decidono di subirli per tutta la vita.


A esclusione di chi non ha avuto neanche scelta (e parlo di casi limite) tutti gli altri sono da aiutare e in parte compatire, proprio come me.

Ma dove eravamo in tutti questi anni?

Ci dicevano che a sacrificare tutta la nostra vita ci avremmo guadagnato in serenità.

Che avremmo potuto godere dei nostri sforzi, un giorno, sì, un giorno. Dopo.

Dopo che?

Dopo. -Movimento con la mano a rotazione.-

E comunque prima di morire, uno si augura.

Che a non vivere le proprie passioni fino all’ultimo respiro ne avremmo ricavato grandi soddisfazioni in termini di indipendenza e responsabilità. Soprattutto se tali passioni non prevedono grandi retribuzioni.

Che poi uno mette su qualcosa, un’attività, o vince concorsi pubblici, o viene assunto in un lavoro che odia e ottiene il suo stipendietto, o il suo stipendione, e allora le vacanzette se le paga da solo così come la macchina, le spese, l’affitto.

Insomma, cresci e diventi uomo e lo fai dopo una vita nella quale, anche a sedici anni, comunque qualcosa la dovevi fare e non coincideva mai con ciò che volevi fare.

Eppure, per fortuna o per sfortuna, abbiamo ormai la riprova che le cose non vanno più così.

Perché poi, un giorno, arriva una bella parolina chiamata “crisi” e tutte le formichine laboriose, che non si sono mai dedicate neanche lo straccio di un’emozione, perdono anche tutte le provviste che avevano racimolato durante l’estate.

E così non si sono dedicate né l’estate né l’inverno.

Non come le cicale che, al contrario, almeno l’estate se la sono goduta e per l’inverno sono abituate a sopravvivere.


Viviamo nel periodo in cui tutti tentiamo di sopravvivere all’inverno come cicale ma abbiamo vissuto tutta l’estate come formiche. E allora, sapete che c’è?

Ma viva le cicale!

Almeno loro sì che hanno imparato, malgrado i duri inverni, che la moneta di scambio più preziosa di questi stracci d’esistenza non è il denaro, né il prestigio, né una casa, né una sistemazione, né un contratto a tempo indeterminato, né uno stipendio.

È il tempo. Il tempo di cantare, ballare senza fiato, surfare sulle onde dei sette mari, condividere un sorriso, viaggiare in giro per il nostro pianeta, sì, la Terra che ancora vi ostinate a non voler conoscere, quasi che sia un’esperienza da poco; godersi un abbraccio, scoprire l’amore, assaporare l’odore delle foglie cotte al sole; ascoltare il silenzio, nutrirsi delle proprie piante, giocare alla vita senza lasciarsi inquinare; guardare il cielo, scrivere. E tutto ciò che non potrai mai comprare.


E avete ancora il coraggio di dirmi, quindi, che vivere significhi sacrificio, dolore, malessere e, quello che odio più di tutti, senso del dovere?

Ma che significa “senso del dovere”? È qualcosa che uno percepisce come la fede in Dio oppure la parola magica che ti battezza a uomo d’onore?

La vita è respirare ciò che uno è. Molto semplice.

Chiudi gli occhi e immagina proprio dove vorresti essere ora e cose vorresti fare ora.

Pensaci. E fallo.

Inutile che ci giri intorno. Se non hai impedimenti che siano esseri umani che dipendono da te fallo.

Molla tutto e vai.

Che stai a fare ancora lì, formichina laboriosa?

Tanto l’inverno arriva per tutti, cerca di viverti almeno gli anni più belli delle tue estati.

Come? Non puoi? Le bollette da pagare, il mutuo per la casa, il portiere che chiede l’aumento, le rate della macchina, il commercialista, l’Inps, la tua futura compagna che scassa i coglioni?

Molla tutto e vai. E mentre lo fai pensa a questo: se per un’intera esistenza sei riuscito a sopravvivere facendo qualcosa che non ti piaceva fare, pensa a cosa puoi combinare se decidi di intraprendere la strada che veramente vuoi seguire!


Detto questo vi auguro un’estate grandiosa e scusatemi se a volte sarò lontana ma sto rincorrendo i miei veri sogni da cicala.

E a farmi amica qualche formichina laboriosa per il duro inverno.


Buon vento!

Aurora G.

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