Roma. Sdraiata sulla solita terrazza ammuffita di una città alla quale non sono mai appartenuta, guardavo le nuvole a pancia in su. Mi dicevano che ero pazza, da bambina, a voler scappare via da qui: solo adesso che ho imparato a fidarmi di me stessa, mi chiedo come sia possibile respirare ancora questo veleno.
Immersa nel grigio inconsolabile della balaustra mi sono accorta che le radici di qualche fiore erano riuscite a scavare tra le mattonelle marce.
Le nuvole scivolavano nel cielo, l’una sopra l’altra, confondendosi.
Fino a quando una di esse si è avvicinata per parlarmi.
<<Confusa?>>
<<In attesa, ma non so neanche io di cosa.>>
<<Allora siamo in due. Piacere, sono Nuvola e anche io sono in attesa. Scomparirò o scenderò giù con un bel temporale. Divertente no?>>
<<Non saprei. Sono più o meno nella tua stessa situazione ma la cosa non mi rallegra affatto. Come fai a non essere triste?>>
<<Triste? Perché? Sono una nuvola in attesa. Una nuvola in divenire. Che c’è di triste?>>
<<Non sapere quando succederà.>>
<<E perché dovrei saperlo ora? O sarò acqua o sarò cielo. Ma ora, in questo momento, sono una nuvola. E, come nuvola, anche io ho la mia vita.>>
<<Se devo essere sincera, in questo momento mi stai oscurando il sole.>>
<<Esatto! Ti sto oscurando il sole! E sono qui a ricordarti che, anche se non lo vedi, il Sole è sempre al solito posto. Forse un giorno imparerai a sentirlo anche senza guardarlo. Forse un giorno scoprirai verità che non immagini affatto. Ma in questo momento devi scoprire quanto ti manchi il sole.>>
<<E che senso avrebbe?>>
<<E se ti dicessi che il senso più profondo di ogni esperienza non è solo quello di scoprire cosa sei ma anche quello di scoprire cosa non sei?>>
Aurora G.