Nella mia esperienza da scrittrice, ho faticato molto per ottenere alcuni risultati e continuerò a faticare molto per ottenerne altri. E di momenti oscuri ne ho avuti a iosa e, con ogni probabilità, ne avrò ancora di più procedendo verso una strada ricca di rifiuti, porte in faccia e delusioni. In questi duri anni di finti sorrisi ho compreso, tuttavia, che non è il risultato a costringermi davanti alla tastiera.
Non è un tappeto rosso.
È solo passione.
È qualcosa che ho dentro che non posso uccidere, non posso fermare. Prevale su me stessa, è più forte del mio raziocinio. E mi ritengo fortunata, malgrado una sorte non del tutto favorevole alla realizzazione dei miei sogni, nell’avere tra le mie passioni preponderanti proprio la scrittura. Semplice, immediata, economica, scrittura.
Potrei anche non riuscire ad affermarmi come scrittrice ma nessuno potrà mai levarmi questo: scrivere.
Non voglio parlare, tuttavia, di cosa sono riuscita o non riuscita ancora a ottenere da questa mia malattia.
Vorrei raccontare, invece, come sono riuscita a sorridere di alcuni rifiuti e a reagire ai molti “no”.
È dalla vita di donne o uomini straordinari che sono riuscita, infatti, a nutrire me stessa di coraggio, determinazione e perseveranza.
Non sto parlando di chi è riuscito a trasformare le proprie debolezze in fortuna, come la mia tanto amata Frida Kahlo, bensì di chi è riuscito a eccellere in un ambito nel quale le proprie debolezze risultavano un handicap insormontabile.
Una menomazione tanto invalidante da precludere qualsiasi speranza.
E allora lì, di fronte a una surfista senza un braccio e a un pianista senza udito, il mio desiderio di crogiolarmi in una straziante e lamentosa malinconia pseudo-artistica e molto fricchettona è stata spazzata via dalla vergogna. E dalla voglia di continuare a combattere.
IL FILM DEL GIORNO: SOUL SURFER.
La sua storia ha commosso l’intero pianeta e i surfisti di tutti i mari, tanto da meritarsi un’intera pellicola, intitolata “Soul Surfer”, su un’esperienza che poteva solo rimanere un terrificante ricordo e che si è trasformata in un incoraggiante e meraviglioso esempio di speranza, amore e fede.
Benthany Hamilton risponde così a quello squalo tigre di quasi cinque metri che, mentre era a largo a sognare sulle prossime gare di surf, le tranciò di netto il braccio: con la fede e con l’amore. E con una determinazione fuori dal comune.
Il sogno di Benthany era di diventare una surfista professionista e, le abilità e la passione, l’avevano già ripagata di un buonissimo sponsor.
E poi l’attacco dello squalo, il braccio tranciato, il sangue perso. Il terrore di dover dire addio alla sua famiglia e al suo amato surf. La straziante visione di un corpo mutilato e, soprattutto, la consapevolezza di una perdita di forza, equilibrio e abilità che avrebbero stroncato ogni sogno di vittoria.
Ma alla paura di imbattersi, nuovamente, in un altro squalo Benthany risponde che ha più paura di non poter più surfare.
E così, appena tornata a casa, decide di reagire. E il padre, per aiutarla a ricominciare a surfare, le attacca alla prua della tavola una maniglia sulla quale potersi aggrappare in fase di salita e con la quale guidare la tavola sotto le onde.
La surfista senza un braccio sbaraglia la concorrenza. E non solo ritorna a surfare meglio di prima ma realizza il suo sogno di diventare una surfista professionista.
Cliccando sulla foto di questa straordinaria ragazza potrete guardare un’intervista esclusiva sulla sua esperienza e ammirare la sua ineguagliabile eleganza tra le onde e il suo invidiabile sorriso.
LA SONATA DEL GIORNO: Hammerklavier di Ludwig van Beethoven.
Discorrere sulla vita del grande maestro sarebbe ridondante e inutile. Preferisco lasciare alla musica la risposta a tanti perché. Cliccando sulla foto potrete ascoltare la Sonata per piano n. 29 op. 106 di Beethoven, detta anche Hammerklavier, scritta nel periodo in cui, il maestro, era totalmente sordo.
Sordo.
Non sentiva.
Non poteva percepire alcun suono.
Silenzio permanente.
Le opere che Beethoven compose in questo periodo, tuttavia, furono criticate in quanto troppo lunghe, complesse e, per molti, ineseguibili. E di risposta alle lamentele degli interpreti, Beethoven dichiarò al suo editore: «Ecco una sonata che darà filo da torcere ai pianisti, quando la eseguiranno tra cinquanta anni».
(Clicca sulla foto del maestro per ascoltare la Sonata per piano n. 29 op. 106 di Beethoven).
LA FRASE DEL GIORNO è di Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo.
Jorge Luis Borges avrebbe potuto dedicarsi a molte passioni ma non certo alla scrittura.
Per uno scrittore comune risulta fondamentale, infatti, poter leggere, poter apprendere, poter osservare, poter guardare e, soprattutto, poter cogliere gli aspetti più particolari di ciò che si osserva. Mentre Jorge sapeva che il suo destino sarebbe stato, come lui stesso afferma, “nelle tenebre”.
Cecità, ecco la malattia di Jorge. Nello specifico retinite pigmentosa, che si manifestò in tutta la sua forza durante gli anni ’60 ma fu accompagnata, dalla nascita, da una fortissima miopia. Malattia congenita nella sua famiglia che l’avrebbe destinato, malgrado le incessanti cure e operazioni, a diventare cieco.
Il destino di uno degli scrittori più ispirati e influenti del XX secolo era segnato.
Eppure Jorge non solo non si piegò alla propria debolezza ma riuscì a vincerla attraverso le sue opere e il suo inconfondibile stile. Non usò, infatti, la vista per potersi distinguere dagli altri scrittori. Decise, infatti, che l’arma migliore fosse proprio la sua immaginazione. Tanto che, attualmente, l’aggettivo borgesiano indica una concezione di vita come “storia”, “finzione”, immaginazione spacciata per realtà. Come frase del giorno ho scelto la seguente che, a mio parere, dovrebbe stamparsi in testa tutti gli scrittori o aspiranti tali:
<<Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto: io sono orgoglioso di quelle che ho letto.>
Oggi non vi lascio pezzetti di me.
Perché sul tema ho ancora molto da imparare e non credo, certamente, di esser un esempio da seguire.
Vi lascio però con queste vite straordinarie che spero regalino a ognuno la forza per non abbattersi e il coraggio di non arrendersi.
Credo fortemente, infatti, che ogni essere umano sia nato con una passione imprescindibile e caratterizzante i propri giorni.
Non è detto che ci aiuti a sopravvivere.
Non è detto che ci regali la meritata soddisfazione.
Eppure ciò che ci regala, l’immensa felicità nel praticarla, è già abbastanza per poter continuare a viverla e sacrificarsi per essa. Per me, tra tutte, la scrittura è stata e sarà determinante sia nei momenti più felici che nelle esperienze più drammatiche.
Non rinuncerò a lei neanche tra un milione di altre porte in faccia.
Perché non sono io ad aver scelto in quale modo esistere. Come essere. Chi essere.
Scrivo perché amo farlo. Niente più di questo. E l’amore non si sceglie: accade e basta.
Vi lascio con il mio motto: <<La differenza non la fanno gli altri. La fai tu.>> Aurora G.