Quando guardo il mare

gran canaria, tendeggiare

Non parlarmi di “compromessi” quando guardo il mare.
Non parlarmi di “opportunità” quando guardo il mare.
Non conosco opportunità migliori di questa.
E i loro ponti non mi interessano. Le loro regole non l’ho scelte.  
I loro trofei? Prendili tu.
Non lo so dove sto andando ma quando sono qui non ha importanza.
Non è qualcosa che posso spiegarti.
Ci sono parole che non hanno una lingua se non quella del vivere.
Non parlarmi di “domani” quando l’acqua scorre tranquilla e tutto il mondo è in pace, quaggiù, dove non saprei dirti se sto dormendo su una spiaggia o su una montagna.
E se fosse l’ultimo giorno della mia vita abbraccerei la morte con infinita dolcezza.
Protetta dalle rocce, cullata dall’Oceano.
Non c’è elettricità. Né lampadine. Né connessione.
E gli esseri umani che riposano qui, cercano il silenzio. La solitudine.
Persone che amano stare da sole. 
Persone che amano essere.
Si viveva tanto male nelle grotte?
Chissà quanto doveva esser persuasivo chi ci ha convinto a cercare un riparo nel cemento. In prigioni di cemento delle quali siamo orgogliosi. Ci impieghiamo una vita intera a costruirci la nostra prigione.
E poi vieni qui, con una tendina di plastica. Una mela, tre libri, un diario.
E ti rendi conto che, della vita, non c’avevi capito proprio niente.

Aurora G.

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